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GLI ASPETTI PSICOLOGICI DELLA GRAVIDANZA

 

Autore: Dr.ssa Moretti Sandra (Psicologa)

 

 

 

Con il termine gravidanza si delinea quella particolare condizione femminile che va dal momento del concepimento al momento del parto, caratterizzata, sul piano fisiologico, dall’aumento dei processi metabolici e, su quello psicologico, dall’accentuazione di conflitti, ansie e frustrazioni connesse all’evento.

Diventare genitore rappresenta, all’interno del ciclo di vita, un evento che segna lo sviluppo della personalità adulta della donna e della coppia nel suo insieme; si può tranquillamente parlare di genitorialità in termini di crisi evolutiva alla pari di quelle più conclamate tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza. Il confrontarsi con la propria capacità procreativa, infatti, permette di sperimentare "l’assunzione di responsabilità" e "il prendersi cura"; da inoltre libero sfogo al proprio potere creativo, incluso quello dell’auto-generazione, aprendo così le porte ad un ampliamento della personalità stessa del genitore, che impara a conoscersi attraverso il figlio.

Per una donna cercare di avere le idee chiare in un momento così importante della vita personale è quindi indispensabile. E’ risaputo ormai che una gravidanza vissuta bene incide in maniera positiva sul neonato, che  dorme di più, mangia meglio, è più calmo, ha minori problemi intestinali (coliche gassose), contrae minori infezioni e malattie. 

Questo discorso ci porta al problema dell’ansia. L’ansia è un sentimento di preoccupazione che normalmente investe la vita di tutti i giorni, ma nel corso della gravidanza diventa più costante e mirato a specifiche problematiche.

Si sperimentano principalmente:

  • L’ansia che riguarda se stessa ed il proprio vissuto corporeo. La donna cambia forma, peso e con ciò il rapporto con il proprio corpo e con l’ambiente circostante. La pancia è l’elemento distintivo del proprio essere gravide e per questo su di essa si infrangono orgoglio e paure: potrò continuare a piacere? Tornerò come prima? Sono alcune delle preoccupazioni più comuni e anche più sane, facilmente superabili confrontandosi con chi ci è già passato.

  • L’ansia per il figlio che dovrà nascere.                           Molto spesso prendono forma dei timori che il bambino possa non essere normale: tali idee sono a volte ossessive e le cause possono ricercarsi nel senso di colpa, tendenze masochistiche, traumi infantili. Sono preoccupazioni del tutto normali fintanto che rimangono vincolate all’accertamento di normalità del feto: una verifica di routine tramite ecografia solitamente basta a togliere questi pensieri.

  • L’ansia legata al rapporto con il proprio compagno.    All’arrivo del nuovo nato, ma anche nell’attesa, la coppia è chiamata a riorganizzare i tempi e gli spazi fisici della propria vita; il passaggio dalla vita di coppia a triade è complesso e spesso a farne le spese è la vita sessuale. Un po’ tutte le donne vivono la sessualità in opposizione alla maternità, in questo momento diminuiscono soddisfacimento e frequenza dei rapporti sessuali in maniera sempre maggiore, mentre diminuisce in modo più lieve il desiderio generando così un senso di insoddisfazione che se non affrontato può protrarsi anche a parto avvenuto.

·    Elemento caratteristico della gravidanza è la regressione, ossia quel processo che si manifesta con l’instaurarsi di stati d’animo e comportamenti caratteristici dell’infanzia, come la necessità di essere accudita e coccolata, le famose voglie, una certa fragilità legata anche a sbalzi d’umore, un riavvicinarsi alla propria madre o al contrario il riemergere di conflitti persecutori di tipo pre-edipico. Tale regressione è funzionale al ruolo che la donna sta per assumere, poiché la rende in grado di comprendere i bisogni del bambino identificandosi con esso. Questo orientarsi totalmente sul bambino fa si che la donna sperimenti un’altra dimensione tipica di questo periodo: il rapporto tra introversione e mondo esterno. La gravidanza porta infatti la madre a concentrarsi maggiormente verso il mondo interiore che è rappresentato da quell’esserino che ha forma solo nella sua immaginazione, spingendola così a escludere il mondo esterno. Se i due sistemi, interno e esterno, restano in equilibrio, la gravidanza viene vissuta in modo positivo, altrimenti uno squilibrio può portare all’indifferenza ed alla povertà affettiva. In questo è molto importante, ma poi lo è in tutti i campi e momenti della gravidanza, il ruolo attivo del partner. Può essere superfluo dirlo ma pazienza, attenzioni e cure sono indispensabili alla donna incinta, che è alla continua ricerca di rassicurazioni.

Leggendo la gravidanza in chiave psicoanalitica si può supporre un qualche percorso di elaborazione simbolica della donna di questo periodo della sua vita che è collegabile alle varie fasi fisiologiche della stessa. Ogni fase è espressione di determinate manifestazioni psichiche. 

Durante il primo trimestre di gravidanza la donna sarebbe impegnata nell’accettazione della gravidanza stessa. Anche se è un fatto programmato e atteso inevitabilmente si innescano alcuni processi di ambivalenza connessi alla diade accettazione/rifiuto che si esprimono attraverso le  manifestazioni somatiche tipiche dei primi mesi, quali le nausee, le intolleranze alimentari, le crisi di fame, diarree, riconducibili al meccanismo di espulsione e ritenzione simbolica del feto. Psicologicamente il passo da fare è l’accettazione del feto come parte del sé, in una sorta di fusione; questo processo avviene in automatico in ogni donna, nei rari casi in cui non dovesse avvenire può verificarsi un aborto, senza alcuna motivazione fisiologica.

Nel secondo trimestre i movimenti fetali permettono a livello psichico il differenziarsi della madre dal bambino. Diventando un essere a parte il bambino suscita maggiori timori nella madre che sperimenta quell’ansia da deformazione precedentemente trattata, con maggiore intensità. In questi mesi il controllo emotivo è più difficile e le esigenze affettive della donna aumentano notevolmente. 

L’ultimo trimestre è caratterizzato dalla paura del parto, che comporta un distacco faticoso sia dal punto di vista psichico che dal punto di vista fisico. Alla sensazione di perdita si uniscono la paura del parto in sé e del danneggiamento della propria integrità fisica, le paure sul bambino riguardo al fatto che possa morire etc… Ad equilibrare questi vissuti negativi affiora il desiderio del figlio, del primo contatto fisico con un qualcosa che fino a quel momento la donna ha vissuto dentro ma ancor più nella sua mente.

Il parto è il culmine della gravidanza, è la prova evidente della propria capacità di dare la vita, ma ad esso è inevitabilmente associato il dolore.

Il dolore è più intenso e lacerante durante la fase dilatatoria, dove la donna sperimenta un senso di impotenza e passività che non le permette di rispondere agli stimoli che le vengono dai muscoli pelvici; nella fase espulsiva invece il dolore si fa meno forte e lascia il posto a un senso di angoscia depressiva che è legata al timore di nuocere al bambino, la donna assume così un ruolo attivo.

Il periodo successivo al parto, comunemente denominato puerperio, solitamente vede la fine delle ansie e degli sbalzi di umore tipici della gravidanza. In alcuni casi però si verifica un proseguo di sensazioni negative nei giorni subito dopo al parto che possono generare da una lieve depressione fino a una vera e propria psicosi puerperale. Quest'ultima sindrome è caratterizzata da forti sensi di colpa, impulsi aggressivi, fantasie proiettive sul neonato, stati confusionali ricchi di elementi onirici. La prognosi, dopo un decorso che varia da qualche giorno a pochi mesi, è di solito favorevole se non esistono precedenti episodi psicotici.

Oggigiorno molti servizi sono volti ad assicurare alla donna una gravidanza ottimale, per quanto riguarda il settore psicologico: il "counseling" (tanto per fare un esempio ma poi esistono molti approcci alla questione) ha adibito un intero filone di studi per le madri nel periodo successivo alla nascita del figlio, così da permettere loro di affrontare con maggiore consapevolezza di sè la relazione con il bambino.

Infine un consiglio, la gravidanza è un momento speciale della vita di una donna, nessuna è uguale all’altra e quindi, dato che si vivono molte emozioni tutte insieme e ricordarle tutte non sarebbe possibile, forse varrebbe la pena mettere nero su bianco quello che si prova giorno per giorno, così da mantenere anche un saldo rapporto con se stesse.

 

                            

                                                               

 

 

 

 

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