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Sentenze commentate:

(a cura dell'Avvocato Marina Bassan, La Spezia)

 

Responsabilità per danni del ginecologo in relazione alla mancata diagnosi di malformazione del nascituro (Corte di Cassazione Civile, Sez. III numero 6735 del 10/05/2002)

 

 

Siti generali:

 

Movement Against Medical Malpractice and Accident  (>>M.A.M.M.A. AOGOI) (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani -AOGOI)

Documentazione Medico legale / Assomedici

Osservatorio Nazionale sulla Malpractice Medica (GISDI) (Seconda Università degli Studi di Napoli)

Sanità Web

Legislazione della Gravidanza (>>Legislazione) (Raccolta di leggi, decreti e norme sulla tutela della maternità e della paternità, sui congedi parentali, sugli assegni di maternità. Informazioni riguardanti sia le gravidanze a feto unico che le gravidanze gemellari) 

Provvedimenti in caso di esami in gravidanza e prematurità (>>Legislazione)  (Raccolta di leggi, decreti e norme sugli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale in gravidanza;norme per il parto prematuro)

Disciplina della meternità per i vari tipi di lavoratrici (>>Legislazione) (Schema riassuntivo che individua per specifiche categorie di lavoratrici informazioni su astensioni, indennità, permessi. Da leggere come riepilogo dopo aver esaminato le leggi specifiche)

Maternità: schema di confronto fra la vecchia e la nuova normativa (Legge 53/00) (>>Legislazione) (Tabella di confronto fra la nuova e la vecchia normativa; schema chiaro e di facile lettura)

Ticket regionali farmaci (>>Ticket regionali) (Federazione Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani - FEDERFARMA)

Normativa Nazionale sui Ticket per i farmaci (>>Ticket regionali) (Federazione Nazionale Unitaria dei Titolari di Farmacia Italiani - FEDERFARMA)

Modifica degli stampati di specialita' medicinali rientranti nella categoria degli ormoni femminili usati per la prevenzione del concepimento  (Decreto 26 marzo 2002, Ministero della Sanità)

Come segnalare le reazioni avverse da farmaci e dove inviare le segnalazioni: legislazione italiana completa (>>Legislazione Italiana)  (Fondazione Gianfranco Ferro e Sezione di Farmacologia Clinica della Società Italiana di Farmacologia)

L'analgesia nel travaglio di parto è compresa nel DRG? (>>Analgesia ostetrica) (Servizio d'Anestesia dell'Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli di Palermo)

Diritto on-line

Diritto.it

Cicerone: il portale per la ricerca giuridica

Erasmi: portale italiano di utilità giuridiche

Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana

Ministero della Salute

INAIL: Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro

 

 

Articoli dal Web:

 

Sentenze commentate:

(a cura dell'Avvocato Marina Bassan, La Spezia)

 

Responsabilità per danni del ginecologo in relazione alla mancata diagnosi di malformazione del nascituro
(Corte di Cassazione Civile, Sez. III numero 6735 del 10/05/2002)


La sentenza in oggetto riguarda il caso di un bambino nato affetto dalla sindrome di Apert, caratterizzata da alterazioni del cranio e da sindattilia a mani e piedi.
Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha accertato la sussistenza di una responsabilità medica per colpa in capo al ginecologo che, pur avendo assistito la madre durante l’intera gravidanza, non aveva mai rilevato le predette malformazioni.
Il medico nel momento in cui accetta l’incarico di assistere una donna durante la gestazione contrae un’obbligazione di natura contrattuale consistente, fra l’altro, nel rilevare le condizioni del feto e formulare la diagnosi in merito allo stato di salute dello stesso con la necessaria diligenza. In caso di inadempimento sono risarcibili tutti i danni cagionati che ne siano conseguenza immediata e diretta. Si rileva che, per giurisprudenza costante, l’obbligazione è assunta nei confronti d’entrambi i genitori e, conseguentemente, in caso d’inadempimento il risarcimento è dovuto anche nei confronti del padre.
E’ chiaro che nel caso in esame vi è stato un inadempimento da parte del ginecologo che non ha rilevato la sindrome di Apert nel nascituro. In pratica il medico non ha fornito la prestazione richiesta, poiché non ha dato alla gestante le corrette informazioni inerenti le condizioni del feto ed il rischio della nascita di un figlio affetto da malformazioni, privandola così della possibilità di scegliere in merito ad un’eventuale interruzione della gravidanza e causando quello che la Suprema Corte ha definito “danno da nascita indesiderata”.
Orbene, al fine di valutare la presenza di una responsabilità medica in un caso di questo tipo è necessario accertare se sussista o meno un nesso di causa fra l’inadempimento del ginecologo, che non ha svolto tutte le analisi necessarie al fine d’accertare correttamente lo stato di salute del nascituro, e la nascita in sé. Nel caso in cui tale nesso sussista si tratterà poi di valutare quali sono i soggetti danneggiati da tale evento e quali i danni risarcibili.
La Corte di Cassazione, quindi, in prima battuta si è chiesta se la madre, qualora fosse stata posta a conoscenza delle malformazioni del feto avrebbe potuto e voluto interrompere la gravidanza. E’ chiaro, infatti, che “non possono essere considerati danni derivanti dall’inadempimento del medico, quelli che un suo corretto adempimento non avrebbe evitato”. Non sussiste, quindi, il danno da nascita indesiderata nel caso in cui la donna non possa o non voglia abortire poiché, in tal caso, una corretta e tempestiva diagnosi da parte del medico non potrebbe evitare la nascita del bambino. In tali casi la giurisprudenza ritiene che il danno derivante dall’inadempimento del ginecologo sia d’entità minore e consista solamente nel trauma sofferto dai genitori costretti a confrontarsi con una realtà inattesa, non diagnosticata durante la gravidanza, ma comunque inevitabile.
Si evidenzia che legge n. 194 del 1978 in materia d’aborto stabilisce che entro i primi 90 gg. é possibile l’interruzione volontaria della gravidanza. Successivamente l’interruzione è possibile solo qualora la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo di vita per la donna oppure nel caso in cui i processi patologici inerenti al feto determinino grave pericolo per la salute fisica o psichica per la madre ma, in questo caso, l’interruzione non può essere praticata se il feto ha un grado di maturità tale che gli permetterebbe di mantenersi in vita e di completare il proprio processo di formazione al di fuori del grembo materno.
La sindrome di Apert da cui è affetto il nascituro nel presente caso è rilevabile solo dal dodicesimo mese, quindi successivamente ai 90 gg. entro i quali è possibile praticare l’aborto volontario.
Ciononostante nel caso di specie si è ritenuto che la donna avrebbe comunque potuto e voluto abortire laddove fosse stata messa a conoscenza delle condizioni del nascituro.
E’ stato provato, infatti, che le malformazioni riscontrate, se diagnosticate durante la gravidanza, avrebbero sicuramente causato nella gestante un trauma ed un danno psicologico di notevole entità e prova ne è il fatto che a distanza di sette anni dalla nascita del figlio la madre risultava affetta da profonda depressione e da disturbi d’ordine psichico.
Per quanto concerne la possibilità di vita autonoma del feto si sarebbe trattato, invece, di accertare il grado di maturità dello stesso nel momento ipotetico in cui la sindrome di Apert avrebbe potuto e dovuto essere riscontrata dal medico, al fine di stabilire se in quel momento il feto sarebbe stato capace di vita autonoma all’infuori del grembo materno, ma di tale ultimo aspetto avrebbe dovuto fornire la prova il medico.
Chi agisce per il risarcimento del danno, infatti, (in questo caso i genitori), deve provare i fatti costitutivi del diritto, vale a dire gli elementi che fanno sorgere il diritto all’indennizzo, mentre al convenuto/medico spetta provare i fatti estintivi che escludono l’insorgere di tale diritto.
Orbene la possibilità di vita autonoma del feto, quindi, essendo un fatto comportante l’impossibilità di procedere all’interruzione della gravidanza e, quindi, un fatto estintivo del diritto al risarcimento, doveva essere dimostrata dal medico a carico del quale incombeva l’onere della prova.
La Suprema Corte ha ritenuto che nel presente caso fosse stato provato il danno psichico causato alla donna, mentre nessuna prova era stata fornita in merito ad un’eventuale possibilità di vita autonoma del feto.
Si è ritenuto, quindi, che se il medico avesse correttamente adempiuto ai suoi obblighi accertando per tempo la sindrome di Apert, la donna avrebbe potuto e voluto procedere all’interruzione della gravidanza.
Il suo diritto di scelta, dunque, è stato gravemente leso dalla mancanza d’informazione sulle condizioni del feto, carenza causata dall’inadempimento del medico.
Una volta accertato il nesso fra l’inadempimento del ginecologo e la nascita del bimbo è il caso di analizzare i vari tipi di danno risarcibili in fattispecie di questo genere.
Un primo danno riconosciuto dalla Corte di Cassazione è senza dubbio un danno emergente di natura patrimoniale consistente nelle spese mediche affrontate e future destinate alla cura del minore invalido. Vi è, inoltre, un lucro cessante ovvero un mancato guadagno. Appare evidente, infatti, che il tempo necessario ad accudire il figlio riduce il tempo dedicato dai genitori all’attività lavorativa causando, di conseguenza, una diminuzione di reddito.
Un secondo danno è il danno alla vita di relazione ovviamente ridotta e venutasi a modificare a causa delle particolari esigenze di cura del minore.
Infine vi è un danno biologico consistente nel trauma psichico subito dai genitori.
In conclusione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del medico e confermato la sentenza di condanna dello stesso al risarcimento dei danni tutti patiti dai genitori.








 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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