Autore:
Dr. Monti
Massimiliano
L'endometriosi
è una malattia in costante aumento, responsabile di importanti
problematiche che vanno dall'infertilità ai dolori addominali e
mestruali.
La
malattia consiste nella presenza di tessuto endometriale in una sede
"non consueta" ovvero la cavità addominale, in particolare nella
pelvi (la parte inferiore dell'addome delimitata dalle ossa del bacino).
In questa sede le lesioni della malattia possono interessare le ovaie, le
tube, l'intestino, l'utero ed il peritoneo.
Il
tessuto endometriale, normalmente, si trova all'interno della cavità
uterina "tappezzandone" le pareti. E' sensibile agli
ormoni che produce l'ovaio e periodicamente, con cicli di circa 28 giorni,
aumenta il suo spessore per poi diminuirlo; la mestruazione non è altro
che lo sfaldamento dell'endometrio che si verifica per il fisiologico calo degli ormoni
(estrogeni e progesterone) che si
verifica nella seconda fase del ciclo mestruale.
L'endometrio
"in sede anomala" che si riscontra nell'endometriosi è
sensibile agli ormoni: ogni 28 giorni circa, in corrispondenza della
mestruazione tende a sfaldarsi. L'infiammazione che ne deriva
col tempo tende ad innescare fenomeni "cicatriziali" che
portano alla formazione di cisti e di aderenze; le aderenze sono punti in
cui gli organi interessati risultano "attaccati" tramite tralci
di tessuto. Il risultato è una alterazione anatomica più o meno marcata
dei rapporti fra gli organi pelvici con conseguenti alterazioni
funzionali.
Cause
Le
cause della malattia restano poco chiare; una ipotesi è quella delle
mestruazioni retrograde ovvero il sangue mestruale tramite le tube
entrerebbe nella cavità addominale e qui le cellule, in alcuni casi, potrebbero
impiantarsi.
Altra ipotesi è quella che ipotizza la presenza di tessuto
endometriale in sede ectopica (non consueta) a causa di alterazioni
avvenute durante la vita embrionale. Queste cellule resterebbero silenti
fino all'età adulta quando poi per fattori ancora da chiarire inizierebbero a replicarsi.
Un'altra
ipotesi prevede la disseminazione di cellule endometriali nella cavità
addominale o in altri distretti tramite circolazione ematica o
linfatica.
Va
ricordato che alcuni recenti studi indicano, in alcuni casi, un certo
grado di predisposizione genetica alla malattia.
Sintomi
I
sintomi della malattia derivano da quanto sopra esposto: le mestruazioni
saranno molto dolorose (a causa dello sfaldamento delle lesioni
addominali che
irrita il peritoneo e libera sostanze attivanti sensazioni dolorose):
tipicamente il dolore tende raggiungere il massimo dal 3 al 4 giorno della
mestruazione. Possono esserci dolori pelvici cronici, dovuti
alle aderenze che alterano la normale anatomia. Può esserci una
ridotta
fertilità
dovuta spesso alla deformazione delle tube che possono
risultare inglobate nelle aderenze e quindi risultare o chiuse o
scarsamente funzionanti. Fra le cause della infertilità anche la presenza
di sostanze mediatrici dell'infiammazione nella cavità peritoneale che potrebbero
ostacolare i meccanismi della fecondazione così come alterare in maniera
subclinica la funzionalità ovarica. Alcune pazienti lamentano
inoltre Dispareunia profonda (dolore durante i rapporti
sessuali che si localizza all'interno della vagina, in profondità)
Diagnosi
La
diagnosi della malattia è essenzialmente chirurgica: la laparoscopia è
la metodica di elezione. Utile come complemento la valutazione del Ca-125,
un marcatore sierico che è spesso aumentato di valore nell'endometriosi.
Terapia
La
terapia dell'endometriosi è ancora controversa. La terapia chirurgica
consiste nell'enucleazione per via laparoscopica quando possibile delle
eventuali cisti, nella lisi delle aderenze e nella coagulazione delle
lesioni tipiche della malattia presenti nella pelvi. Solo casi rari e
selezionati, resistenti alle comuni terapie, possono necessitare
l'isterectomia (asportazione dell'utero). La terapia medica viene
comunemente affiancata a quella chirurgica. Molto usato specialmente in
passato il danazolo, una sostanza che determina atrofia del tessuto
endometriosico, ma gravata da numerosi effetti collaterali. Altre
alternative trattamenti con progestinici (ad esempio il
medrossiprogesterone acetato), contraccettivi estro-progestinici (che
hanno comunque scarsa efficacia nel controllare la malattia), e più
recentemente e con maggiori successi, gli analoghi del GnRH; quest'ultima
categoria di farmaci determina una "menopausa farmacologica" con
regressione delle lesioni; la deprivazione ormonale che ne deriva, con i
rischi associati (demineralizzazione ossea), limita l'utilizzo di questa
terapia ad un periodo di massimo 6 mesi. Per terapie di più lunga durata,
o se i sintomi sono particolarmente fastidiosi, viene talvolta associato
un farmaco, a debole attività estrogenica, denominato Tibolone.
Per
i dolori, infine, vengono utilizzati comuni analgesici (FANS-farmaci
antinfiammatori non steroidei).
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