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LA MINACCIA D'ABORTO

 

Autore: Dr. Monti Massimiliano

 

 

 

La minaccia d'aborto è una condizione clinica piuttosto frequente, caratterizzata dalla presenza di perdite ematiche dai genitali e da dolori durante i primi 180 giorni di gravidanza (25 settimane e 5 giorni di amenorrea).
Si definisce infatti aborto l'interruzione della gestazione entro tale periodo
La presenza di una minaccia d'aborto configura una condizione di rischio, a breve termine, di interruzione spontanea della gravidanza.

Sintomi

  • Perdite ematiche dai genitali interni
    La minaccia d’aborto è caratterizzata da perdite ematiche dai genitali. Il sanguinamento origina all’interno dell’utero. Il sangue è all’inizio rosso vivo e tende solo successivamente a diventare rosso scuro. Le cause della perdita ematica sono generalmente da attribuirsi a distacchi, più o meno ampi, di tessuto coriale (il tessuto che costituisce i “sacchetti che contengono il feto”) dalla decidua (il tessuto che “tappezza” internamente l’utero durante la gravidanza).
    La presenza di una perdita ematica abbondante e/o la persistenza di sangue rosso vivo costituiscono segni prognostici sfavorevoli, determinando un aumento del rischio di aborto.

  • Dolori
    I dolori che caratterizzano la minaccia d’aborto sono dovuti a contrazioni uterine. Sono quindi dolori intermittenti (anche se una lieve dolenzia simil-mestruale di base può persistere) localizzati alla regione sovra-pubica (la parte bassa dell’addome, nella zona centrale), irradiati alle fosse iliache (la parte bassa dell’addome nelle sue parti laterali) ed alla regione lombosacrale (la parte inferiore della schiena).
    Durante il secondo trimestre di gravidanza una marcata contrattilità uterina con modificazioni della cervice, anche non associata a perdite ematiche, viene talvolta denominata minaccia d’aborto in quanto simili sono i rischi di tale situazione.

Diagnosi

  • Visita ginecologica
    Permette di valutare lo stato di contrattura uterina, l’entità della perdita ematica e di valutare correttamente la localizzazione del dolore.
    Permette di escludere sanguinamenti “esterni” all’utero (ad esempio polipi o altre patologie sulla cervice uterina, che è la parte di utero che protrude in vagina).
    Permette di valutare lo stato del canale cervicale e della cervice uterina: un canale cervicale chiuso ed una cervice di normale spessore sono segni prognostici favorevoli.
     

  • Ecografia pelvica
    Fornisce la conferma definitiva della localizzazione intra-uterina della gravidanza (si esclude l’ipotesi di una gravidanza extra-uterina che potrebbe manifestarsi clinicamente con gli stessi sintomi).
    Permette la visualizzazione dell’embrione o del feto, del battito cardiaco (dalla 5 settimana di gravidanza) e di eventuali raccolte ematiche intrauterine (aree di distacco).

Conseguenze

Il rischio, come già detto, è quello della interruzione spontanea della gravidanza (aborto). Fattori prognostici sfavorevoli possono essere una perdita ematica abbondante, la persistenza di perdite ematiche (specialmente di colore rosso vivo), la presenza di ampie aree di distacco, la presenza di una dilatazione e/o di un raccorciamento della cervice uterina.
Le terapie (farmaci e riposo) permettono in molti casi di controllare adeguatamente la situazione.
Se la gravidanza prosegue, la minaccia d’aborto “rientra” e dopo la stabilizzazione definitiva del quadro clinico (persistente assenza di perdite ematiche e dolori, riassorbimento di eventuali raccolte con conseguente scomparsa delle aree di distacco) la gravidanza prosegue regolarmente senza rischi particolari.

Terapia
Nel primo trimestre di gravidanza la terapia consiste nella somministrazione, generalmente parenterale (iniezioni) o vaginale, di progesterone. Questo ormone ha infatti la capacità di ridurre le contrazioni uterine e “favorisce” l’embrione con le sue membrane nel loro sviluppo.
Nel secondo trimestre la terapia si avvale invece dell’utilizzo di farmaci tocolitici (farmaci che “rilassano” la muscolatura uterina e che inibiscono le contrazioni) analoghi a quelli usati nella minaccia di parto pretermine, in quanto il progesterone, in questa fase della gravidanza, non ha più efficacia.
In entrambi i casi rimane l’imperativo del riposo: il riposo determina riduzione delle contrazioni uterine e facilita il riassorbimento di eventuali raccolte.

 

 

                            

                                                               

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 31.07.04

 

   
   
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